TRE CAPOLAVORI A VICENZA

Basilica Palladiana, Vicenza
6 dicembre 2024 - 9 marzo 2025

Ci dev’essere una qualche sostanza, una e più di una, da cui le altre cose vengono all’esistenza, mentre essa permane. Ma riguardo al numero e alla forma di tale principio non dicono tutti lo stesso: Talete, il fondatore di tale forma di filosofia, dice che è l’acqua
Aristotele, Metafisica

Il maestoso salone della Basilica Palladiana, simbolo di Vicenza e patrimonio UNESCO dal 1994, si trasforma in un eccezionale palcoscenico, un vero e proprio teatro dove viene messo in scena un incontro fra tre grandi artisti di epoche diverse: gli studi e i disegni di Leonardo da Vinci (1452-1519), la pala con L’alluvione del Colmeda di Jacopo da Bassano (1510-1592), l’inedita e spettacolare installazione "Per Silentia III” di Gianandrea Gazzola (classe 1948).

L’evento è ideato e promosso dal Comune di Vicenza con la co-organizzazione di Intesa Sanpaolo. Il progetto è curato da Musei Civici Vicenza, Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza e Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, in collaborazione con Arte Sella e la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, e con il supporto di Marsilio Arte. 

Come la rassegna dello scorso anno Tre capolavori a Vicenza. Caravaggio, Van Dyck e Sassolino era dedicata alla riflessione sull’esperienza del tempo, così quest’anno il curatore Beltramini ha costruito un dialogo attraverso i secoli fra tre artisti sul concetto di natura, declinato in un elemento essenziale e prezioso, alla base della vita umana: l’acqua.

Leonardo ritiene la Natura “buona madre di ogni cosa”, che non crea mai nulla che non sia necessario, nel minor numero di passaggi e con il minor dispendio. Ad essa deve guardare tanto lo scienziato quanto l’artista, per ritrovare quell’armonia non creabile artificialmente, ma insita in ogni processo naturale. “Fa il tuo ingegno a similitudine dello specchio”, scrive Leonardo.

L’artista come “specchio di natura” sembra una definizione costruita intorno al lavoro di Gianandrea Gazzola, celebre per aver concepito una macchina per far scrivere i venti (Lo scriba: il vento del Mediterraneo, 2018) ed una che trae dall’attività elettrica delle radici di un olivo secolare l’energia che traccia un grafema in tempo reale (Sub Limine, Seggiano 2010-2022). La stessa concezione e, in particolare, la connessione tra arte e natura, si ritrova anche in opere come Lo Stilo/Stylus (2013) e Infinitum (2018), entrambe esposte ad Arte Sella, manifestazione internazionale di arte contemporanea che si svolge nei prati e nei boschi della Val di Sella, in provincia di Trento, cui l’artista è particolarmente legato. Nella Basilica Palladiana, con una installazione site-specific, Gazzola trasferisce le onde sonore dall’aria all’acqua in una grande vasca quadrata e, attraverso uno stupefacente artificio visivo, le proietta su grandi teli. Le liquide figure generate dalle onde sono basate sugli stessi rapporti armonici delle architetture palladiane, così come sono teorizzati dall’architetto romano antico Vitruvio: in mostra sarà esposta proprio la preziosa edizione del trattato vitruviano Sull’architettura, illustrata da Palladio nel 1554, oggi fra i tesori della Biblioteca Bertoliana di Vicenza.

L’opera di Gazzola entra in dialogo, quindi, sia con l’architettura che la contiene e i suoi principi costruttivi, sia con tre straordinari disegni di Leonardo da Vinci, provenienti dal celebre Codice Atlantico, oggi conservato presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano. In queste pagine Leonardo annota riflessioni personali intrecciate a schemi scientifici. «Sono pagine personali e segrete - osserva Guido Beltramini - annotate con la caratteristica calligrafia invertita, per noi leggibile solo allo specchio. In questi fogli Leonardo riflette tanto sui meccanismi della visione, sulla luce e l’ombra, quanto sulle traiettorie rettilinee e tortuose seguite dalle immagini e dagli odori per raggiungere i nostri sensi e divenire percettibili: egli immagina l’aria intorno a noi attraversata dalle scie delle species, vale a dire da elementi infinitesimali emessi dai corpi. Una idea visionaria che entra in risonanza con le “onde visive” di Gazzola».

Ma come ci insegna Leonardo, e purtroppo la nostra memoria recente, la Natura è tanto buona madre quanto crudele matrigna. Questo ci rammenta il terzo capolavoro che conclude il percorso espositivo: l’opera di Jacopo da Ponte, detto il Bassano, L’alluvione del Colmeda, realizzata per l’altare della chiesa di Santa Maria degli Angeli a Feltre, commissionata all’artista in seguito al nubifragio del 27 luglio 1564 che devastò il territorio e portò all’esondazione del fiume, con un tragico bilancio di vite umane. Nel dipinto si vede, nella parte superiore, l'apparizione della Madonna con il Bambino tra i santi Crescenzio e Antonio da Padova sopra a nubi temporalesche, mentre, nella parte inferiore vengono rappresentati gli effetti dell'inondazione in tutto il suo crudo realismo. È, tuttavia, possibile opporsi alla distruzione, e Palladio stesso progettò una macchina per governare le acque e “vincere la Natura in quelle cose in cui noi vinti siamo”: accanto al dipinto bassanesco è esposto il testo a stampa con i Tre discorsi sopra il modo d’alzare acque da’ luoghi bassi, in cui è rappresentata la macchina palladiana, un altro volume conservato nella Biblioteca Bertoliana di Vicenza. Dipinto e libro sono ancora, a distanza di secoli, un monito e uno sprone per tutti.