Teatralità
Architetture per la meraviglia
Patrizia Mussa
Basilica Palladiana, Vicenza
11 aprile 2025 - 8 giugno 2025
La mostra di Patrizia Mussa "Teatralità. Architetture per la meraviglia" a cura di Antonio Calbi, promossa dal Comune di Vicenza, progettata e prodotta da Studio Livio con il sostegno di Gemmo SpA espone nel salone della Basilica Palladiana dall’11 aprile all’8 giugno 2025 più di 80 immagini di grande formato con interventi di coloritura a mano, che restituiscono un percorso di analisi della teatralità in architettura.
Il Teatro Olimpico di Vicenza e i teatri di Sabbioneta e Parma - che segnano il passaggio dai teatri di corte agli edifici veri e propri -, il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro La Fenice di Venezia, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Argentina di Roma, il Teatro della Pergola di Firenze, il Teatro Massimo di Palermo, unitamente ad alcune architetture che testimoniano la vocazione “teatrale” di certa architettura italiana, come la Basilica Palladiana, la Reggia di Venaria, quella di Stupinigi, la Reggia di Caserta, Palazzo Grimani a Venezia, sono alcuni dei soggetti scelti dall’artista.
La mostra giunge a Vicenza dopo essere stata allestita in luoghi di prestigio: a Palazzo Reale a Milano, a Villa Zito a Palermo, a Parigi, all' Hôtel de Galliffet, sede dell’Istituto Italiano di Cultura.
A Vicenza sono esposti sei nuovi lavori: Piazza dei Signori di Vicenza, omaggio alla città palladiana. E poi l'Arena di Verona, le Procuratie di Venezia, il Parlamento Subalpino a Palazzo Carignano di Torino e l'Ara Pacis di Roma.
Nelle sue fotografie, Patrizia Mussa usa un linguaggio che sembra, a prima vista, di natura oggettivante, per l’uso della luce naturale, la visione frontale, il fuoco totale, che si inseriscono in una calibrata “narrativa”, razionale e cristallina. Ma la fotografia è, per l’artista, solo il punto di partenza. Dopo aver fissato la veduta e realizzato la stampa su carta cotone, Patrizia Mussa interviene infatti con i pastelli colorati a ripercorrere i dettagli - rendendola molto simile a un dipinto o a un arazzo -, marcando così una distanza definitiva dal linguaggio meramente fotografico per approdare in un campo artistico ancora senza nome dove l’atto fotografico si unisce al gesto pittorico.
«Ne risultano figurazioni inedite – aggiunge il curatore Antonio Calbi – che appartengono alla concretezza dell’esistente e del suo dato storico e allo stesso tempo se ne emancipano, assumendo dimensioni altre, quasi metafisiche. […] I teatri fotografati e rielaborati da Patrizia Mussa sono quintessenze formali, poesia visiva, esistenzialismo pittorico senza figure umane.»
L’intento di questa particolare ricerca dell’artista non è restituire una catalogazione dell’architettura dei teatri italiani, quanto rivivere e restituire un’esperienza personale attraverso il gesto artistico: «Un lavoro di rigore e ripensamento – spiega la fotografa –, uno sguardo ad occhi socchiusi, l’innesco di un processo onirico, di smagliatura, di impoverimento, la ricerca di una radice, di un’anima, di un altro significato; una sorta di radiografia, di istantanea retinica o corticale, impressa su un velo sottile.»
Ciò che Patrizia Mussa offre al pubblico non sono quindi solo fotografie descrittive del sontuoso patrimonio architettonico teatrale italiano, ma l’idea stessa del teatro quale luogo per la comunità, in cui riunirsi, guardare ed essere guardati, sorta di tempio laico costruito «per l’immaginario – dichiara ancora Calbi –, luoghi dove può affiorare l’intangibile e dunque sono ambiti dell’anima, della visione e dell’ascolto, della realtà replicata in scena, affinché si possa meglio osservarla, e allo stesso tempo sono “spazi liminali” dove è possibile superare il dato reale per provare a sfiorare il mistero che si nasconde dietro le cose».