TRE CAPOLAVORI A VICENZA

Jacopo Bassano

Jacopo Bassano, I santi Antonio e Crescenzio che intercedono presso la Vergine per le vittime dell’alluvione del fiume Colmeda, 1576, olio su tela, 176x115 cm. Feltre, Parrocchia di Santa Maria degli Angeli

Il 27 giugno 1564 piogge torrenziali fanno esondare il fiume Colmeda, complici disboscamento e manipolazione dei corsi d’acqua per scopi agricoli e industriali. Il risultato è una alluvione catastrofica per la città di Feltre, colpita da morte e distruzione. In ricordo dell’evento viene commissionata a Jacopo Bassano una pala per la chiesa feltrina di Santa Maria degli Angeli, completata nel 1576.

Nella parte superiore i Santi Antonio e Crescenzio, protettori delle comunità contro le calamità naturali, intercedono presso la Vergine e il Bambino.
Nel registro inferiore è registrata la memoria viva del fiume ingrossato e melmoso che travolge tutto ciò che incontra. Fango, detriti, alberi, oggetti domestici, cadaveri umani e animali sono trascinati via, e la tonalità marrone dell’acqua enfatizza la portata della distruzione.
In un’epoca in cui la pittura spesso celebrava l’armonia tra uomo e natura, Jacopo Bassano è qui tra i primi a rivelare le tensioni insite nello sfruttamento intensivo delle risorse, con una coscienza che oggi chiameremmo proto-ecologica, anticipatrice del ruolo dell’arte come specchio dell’impatto degli esseri umani sull’ambiente.

Giuseppe Ceredi, Tre discorsi sopra il modo d’alzare acque da’ luoghi bassi. Per adacquar terreni. Per levar l’acqua e sorgenti, e piovute dale campagne, che non possono naturalmente dare loro il decorso, Parma, presso Seth Viotti, 1567. Biblioteca Civica Bertoliana, Vicenza

Accanto al dipinto bassanesco è esposto il testo a stampa di Giuseppe Ceredi con i Tre discorsi sopra il modo d’alzare acque da’ luoghi bassi, in cui è rappresentata la macchina palladiana, un altro volume conservato nella Biblioteca Bertoliana di Vicenza. Dipinto e libro sono ancora, a distanza di secoli, un monito e uno sprone per tutti.

Il fisico piacentino Giuseppe Ceredi dà alle stampe un trattato di tecnologia idraulica, dove presenta il funzionamento di una macchina per sollevare l’acqua, da un canale a una quota più alta. Progettista della macchina è Andrea Palladio, che probabilmente l’aveva studiata per le illustrazioni del decimo Libro del Vitruvio curato da Daniele Barbaro, stampato una prima volta nel 1556 e una seconda nello stesso anno del trattato di Ceredi. Non a caso, Ceredi nomina anche Marcantonio, fratello di Daniele, anch’egli appassionato di scienze matematiche e tecniche vitruviane.
Dalla fine del Quattrocento, la gestione delle acque nel territorio della Serenissima utilizzava avanzate tecnologie (protette da brevetti) per la bonifica dei terreni paludosi, l’irrigazione delle campagne, l’approvvigionamento d’acqua e la produzione di energia per gli impianti protoindustriali.
Le ville di Palladio, del resto, sono state fra i punti di snodo di un grande progetto di trasformazione consapevole del territorio, al fine di renderlo più fertile e più salubre, con interventi sul corso dei fiumi e sulla rete stradale. Pur senza riuscire a evitare tragedie come l’alluvione di Feltre del 1564, quella sapiente efficienza politica, amministrativa e tecnica ha qualcosa da insegnare anche oggi, in un’era di cambiamenti climatici.